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Autore Otto e mezzo: sono richiesti interventi e possibilmente critiche.
sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 07-02-2006 10:36  
quote:
In data 2006-02-07 10:09, IlCineasta scrive:
Un esempio che molto registi, anche i più famosi, non hanno mai avuto il coraggio di imitare.


ma perché, era obbligatorio farlo?

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Non vorrei mai appartenere ad un forum che accettasse tra i suoi moderatori uno come me.

[ Questo messaggio è stato modificato da: sandrix81 il 07-02-2006 alle 10:38 ]

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 07-02-2006 23:56  
quote:
In data 2006-02-07 02:36, HarryLime scrive:
quote:
In data 2006-02-06 02:32, AlZayd scrive:
Casanova non si tocca! E' un capolavoro assoluto ed immenso che se la batte con 8 e 1/2. E' vero invece che l'ultimissima fase di Fellini, da Prova d'orchestra in poi, sia meno pregnante della prima, ma non conosco la città delle donne, l'unico film di Fellini che mi sono lasciato per quando il cinema sarà definitivamente morto... Certo, in ogni film resta quel tratto "lisergico" che contraddistingue tutta la sua opera, ma in misura molto più contenuta, rispetto a prima. Ma va bene così, non tutti si chiamano Bunuel...




Il Casanova é immenso ma in Italia nessuno sa neanche che esiste un film del genere all'epoca fu un fiasco commerciale, se mi dite che ne pensate su Giulietta degli Spiriti comunque, che credo visivamente impressionante, in ogni modo non accetto il paragone Fellini/Bunuel sono pronto alla guerra eh!




Perchè, secondo te chi ci rimetterebbe in un confronto? Comunque non intendevo paragonare Fellini a Bunuel, ci mancherebbe... Volevo solo dire che il genio di Bunuel, contrariamente a quello Fellini, si manifesta alto, sicuro ed intonzo, praticamente privo di cedimenti, fino all'ultimo film. Giulietta degli spiriti ritengo sia un buon film di transizione, di passaggio da un cinema che risente ancora della lezione neo-realista - nonostante contenga in germe le future intuizioni sur-realiste -, ad un cinema dell'ES. E qui forse qualche correlalzione tra i due cineasti ritengo sia possibile azzardarla...

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trelkowski

Reg.: 09 Mar 2006
Messaggi: 107
Da: palermo (PA)
Inviato: 07-04-2006 16:36  
VOTO 10
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Dick Laurant è morto

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 22-09-2006 21:01  
<<Purtroppo oggi il pubblico non è più abituato a pensare, il film si consuma come un bicchiere di vino. Se Fellini proponesse oggi 8 1/2, non so se avrebbe il successo di allora. Per me è un film simbolo, ogni volta che lo rivedo ritrovo il suo mistero e scopro altre chiavi».

David Lynch

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Schizobis

Reg.: 13 Apr 2006
Messaggi: 1658
Da: Aosta (AO)
Inviato: 25-09-2006 13:54  
Se un film come Mulholland Drive non è passato completamente inosservato e se a David Lynch è stato dato un Leone d'oro alla carriera forse un film come Otto e mezzo potrebbe ancora incidere nel corso del cinema mondiale.
Ricordiamo che Otto e Mezzo ebbe un grande successo mondiale ma in Italia non furono pochi i detrattori.
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Schizobis

Reg.: 13 Apr 2006
Messaggi: 1658
Da: Aosta (AO)
Inviato: 03-06-2007 20:29  
Ho di recente cercato di analizzare questo film alla luce delle teorie Junghiane.
Ve ne propongo un pezzo:

Fellini e Jung


Sono state citate decine di fonti letterarie cui 8 e mezzo avrebbe attinto a piene mani: si va dall’Ulisse alla ricerca del proprio mondo interiore (James Joyce), alle terre desolate (TS Eliot), alla ricerca proustiana di un passato apparentemente sepolto, ai labirinti kafkiani e alle senilità sveviane.

Si cita il Bergman del Posto delle Fragole e L’anno scorso a Marienbad di Resnais anche se le distanze tematiche e culturali da queste due opere sono abbastanza evidenti.

E poi Freud e tutto il pensiero psicoanalitico. In realtà nonostante evidenti rimandi alle teorie freudiane (su tutte il richiamo alla fase orale), parlando di 8 e mezzo, è più opportuno riferirsi alla costola Junghiana della psicoanalisi, e in realtà è noto che il regista riminese, proprio in quel periodo, frequentava uno dei più importanti discepoli di Carl Gustav Jung, ossia Ernst Bernhard. In effetti la parte esoterica e misteriosa sembra prendere il sopravvento, discostandosi dalla determinazione Freudiana di volere spiegare tutto con la ragione, e cercando non solo nella sessualità ma nella forza vitale psichica (che qui coincide con la intuizione artistica) la possibilità di entrare in contatto con un inconscio collettivo, la possibilità di gettare questo benedetto ponte tra “mind” e “matter”, fenomeno e noumeno. Le risposte sono nel Libro dei Mutamenti, il mitico I Ching? E se interpello gli spiriti che mi dicono? Gli spiriti rispondono:”Sei libero, ma devi sapere scegliere”, ma è proprio dell’assenza di scelte che si nutre l’Harem di Guido. Non è un po’ vigliacco pretendere di vedere moglie e amante colloquiare amabilmente, non è assolutamente irrealizzabile la pretesa di vedere tutte le donne della sua vita riunirsi allo stesso tavolo per ricevere i doni natalizi, in un delirio maschilistico con tanto di frusta e sgabello, che quindici anni più tardi, riproposto in altre forme ne La Città delle Donne, avrebbe scatenato le ire delle femministe?



Forse la regressione infantile potrebbe rappresentare una dolce scappatoia a questo presente di morte (e in effetti vediamo spesso Guido ma anche altri personaggi del film portare il dito alla bocca in una sorta di suzione della tetta materna). Eppure coi ricordi dolci e sensuali della infanzia riemergono anche antichi conflitti e sensi di colpa, la punizione bigotta per avere visto danzare il diavolo Saraghina in un mambo erotico, folle, grottesco. L’immaginario del piccolo Guido (Fellini bambino) diventa realtà filmica, il ricordo deformato sostituisce una mediocre verità. La naturale attrazione fisica per una donna viene trasfigurata nella componente del rimorso che il solo pensiero reca in sé. Punizioni corporali (in ginocchio sui ceci), minacce di perdizione eterna e il danno è fatto per sempre. Il processo si conclude con una condanna umiliante: vergogna! Guido non riuscirà a fare coesistere pulsione sessuale e sentimento senza ricadere negli atavici sensi di colpa inculcati dalla Chiesa , tradirà ripetutamente la moglie ma non avrà il coraggio di lasciarla, si nutrirà di donne carnali (la amante Sandra Milo che si atteggia a porca ma in realtà è devota al maritino frustrato) e di donne eteree ed angeliche (una Claudia Cardinale che simboleggia lo Yin, intuito femminile più vicino alla essenza della sincronicità junghiana) senza mai riuscirle veramente a possedere. Anzi proprio il suo angelo che gli offre l’acqua della salvezza, gli suggerirà ironicamente, con uno dei più bei sorrisi nella storia del cinema, la terribile verità: “non sai volere bene…”. Guido dovrebbe scegliere una cosa sola ed esserle fedele per sempre, ma cambia strada ogni giorno perché non sa scegliere quella giusta. Bugia dopo bugia, Guido non riesce più a credere a niente, non crede che l’amore di una donna possa cambiare un uomo, non crede di potere rappresentare in un opera filmica la bugia di un sentimento inesistente. Non c’è la parte, non c’è il film, non c’è niente di niente da nessuna parte. Ma forse questo nulla, questo niente che sembra proiettato all’esterno non è che il vuoto interiore, il “non saper volere bene” che genera questa enorme confusione, questo caos circolare e perpetuo.



Fellini interseca piano reale e piano immaginario rimescolando le carte da bravo prestigiatore, da grande illusionista del Cinema, la sua grande originalità è quella di padroneggiare la tecnica della messa in scena in maniera tale da fare coesistere in maniera armonica (direi magicamente in assonanza) la confusione del presente, i fantasmi (buoni e cattivi) del passato e le visioni deliranti di un futuro possibile (quasi premonizioni).

L’astronave non partirà verso le stelle e gli operai iniziano a smontare la costosa impalcatura, pezzo dopo pezzo, rivelando lo scheletro d’acciaio. Il film non è finito perché non è mai iniziato.

Il suicidio del regista sembra l’unica via di uscita e dal punto di vista filosofico potrebbe rappresentare la forma più elevata di affermazione della volontà e atto finale della rappresentazione del Sé proprio nel suo annientamento.

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Schizobis

Reg.: 13 Apr 2006
Messaggi: 1658
Da: Aosta (AO)
Inviato: 03-06-2007 20:30  



Travolto dalle ombre gigantesche delle responsabilità (che si inseguono dietro un telone sotto il rifugio insicuro del tavolo della conferenza stampa), incapace di reggere la propria immagine allo specchio, abbandonato da amici, mogli, amanti, in balia di una folla che sembra solo divorare e disintegrare i propri idoli (come il Saturno di Goya) e che non mostra alcuna pietà di fronte a un regista senza più ispirazione, Guido decide di abortire il suo film: se non si ha nulla da dire di nuovo, meglio scegliere il silenzio. Meglio farla finita e abbandonare la scena dalla porta di servizio. Se fosse finito così 8 e mezzo avrebbe fatto individuare nel suicidio il più alto grado di onestà intellettuale, un rigore morale portato alle conseguenze estreme. In realtà è proprio il mago Polidor ad indicare in extremis la via di uscita da questo ingarbugliato labirinto. Ricordate Paolina e il suo invito a ballare? Beh è venuto il momento di accettare l’invito, è giunto il tempo del perdono, il perdono e l’accettazione prima di sé stesso (e quel saluto finale alla madre è fortemente simbolico) e poi di tutti gli altri, le figure della sua fantasie e le persone reali, i vivi e i morti, tutte insieme in un girotondo anestetizzante e consolatorio, assecondato dalla indimenticabile marcetta di Nino Rota, che diventa trionfo della Creazione artistica sulla Ineluttabilità della Morte. All’improvviso la folgorazione, il momento di lucidità: bisogna accettarsi ed accettare gli altri, conoscere i propri limiti, prendersi per mano in questa assurda sarabanda che è la vita ed andare avanti.



Nessuno era riuscito a maneggiare una materia così difficile, filtrarla attraverso la propria sensibilità artistica e poi riproporla come messaggio universale di accettazione e tolleranza. Nessuno era riuscito a tracciare così nitidamente questo sincero percorso di individuazione delle proprie facoltà psichiche e intellettuali, senza doppi giochi o maschere di convenienza Arrivano le prime ombre della sera, le luci piano piano si spengono: la malinconia per quel Fellini giovinetto che per ultimo lascia la scena circense è stemperata dalla certezza che con 8 e mezzo il regista riminese è entrato irreversibilmente nella Storia del Cinema, la sua Arte lo ha reso immortale. E quell’occhio di bue che illumina il bambino strappandolo per un momento all’oscurità della notte non è che una poetica conferma, la trasformazione definitiva dell’Ombra individuale nella luce dell’Inconscio collettivo.


APPROFONDIMENTO QUI
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Hegel77

Reg.: 20 Gen 2008
Messaggi: 298
Da: Roma (RM)
Inviato: 09-08-2008 13:48  
Io penso che questo accostamento Fellini Jung sia pretestuoso e forzato.
Fellini era molto lontano dalla Kultura e dalla Intellighenzia pseudo filosofica, non leggeva molti libri e non andava molto al Cinema.
Era un Genio indipendente dalle nomenklature e dalle mode.

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Dare un senso alla vita può condurre a follie,
ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio

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Skizotrois

Reg.: 12 Nov 2007
Messaggi: 275
Da: Aosta (AO)
Inviato: 19-08-2008 14:49  
quote:
In data 2008-08-09 13:48, Hegel77 scrive:
Io penso che questo accostamento Fellini Jung sia pretestuoso e forzato.
Fellini era molto lontano dalla Kultura e dalla Intellighenzia pseudo filosofica, non leggeva molti libri e non andava molto al Cinema.
Era un Genio indipendente dalle nomenklature e dalle mode.





Sarà pretestuoso e forzato ma è ammesso dallo stesso Fellini, quindi stavolta hai toppato

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